Il 19-11-2013 una forte perturbazione nord-atlantica interessò il Salento con accumuli in alcune zone anche a 3 cifre e fenomeni accompagnati da forti raffiche di vento che hanno provocato danni ingenti a strutture e caduta di alberi con alcuni ulivi secolari completamente divelti; a Galatone danni significativi anche al Cimitero Comunale.
A Gallipoli e dintorni anche una tromba d’aria che nata dal mare (waterspout) ha abbordato man mano la terraferma (landfall) portando con sè gravi danni ad imbarcazioni e strutture adiacenti la costa; alcuni video testimoniano come si tratti proprio di tromba d’aria con la struttura vorticosa ben evidente e caratterizzata dal classico cono che si protende dalle nubi temporalesche fino al suolo.
Le cronache locali parlano di tromba d’aria in diverse zone salentine con il medesimo fenomeno che avrebbe interessato un’area vasta perpetrandosi e rigenerandosi in un arco di tempo relativamente lungo interessando molti paesi nel proprio percorso.
Qui però andrebbe fatto un distinguo che, seppur ininfluente a livello di cronaca con riferimento ai danni provocati e a tutto ciò che ne è conseguito, è invece importante a livello tecnico per un’analisi maggiormente rigorosa dell’evento.
Infatti con molta probabilità la tromba d’aria si è avuta solo nella zona di Gallipoli ed al massimo territori immediatamente limitrofi, mentre per il resto dovremmo parlare di wet-downburst.
Brevemente definiamo i due fenomeni chiarendo la differenza tra i due.
Una tromba d’aria, o tornado, è un vortice d’aria che ruota velocemente in senso antiorario il quale si estende per la colonna che va dalla base inferiore delle nubi temporalesche fino al suolo. Spesso si manifesta con la classica nube a imbuto (detta anche proboscide) che tocca terra, tuttavia questa nube non è direttamente il tornado vero e proprio bensì una manifestazione visibile dello stesso; è infatti possibile che la tromba sia presente anche senza la presenza della proboscide, magari per scarsa umidità dei bassi strati che ne impedisce la condensazione in nube.
Se invece il vortice non tocca terra parliamo di funnel cloud.
Nel cuore della tromba la pressione atmosferica è drasticamente più bassa delle zone circostanti con aria calda e umida aspirata all’interno del vortice che si espande e si raffredda condensandosi in modo piuttosto veloce e tumultuoso. La bassa pressione all’interno del tornado compensa l’intensa forza centrifuga di rotazione, impedendo quindi la rapida dissipazione del fenomeno.
L’aria caldo-umida aspirata nel vortice rallenta la velocità in prossimità della base del cumulonembo, motivo per cui il vortice assume la classica forma ad imbuto.
Un wet-downburst è invece un fenomeno piuttosto diverso come origine e dinamica, anche se spesso a livello di danni può dare gli stessi effetti di una tromba d’aria.
E’ un fenomeno caratterizzato da una violento flusso d’aria in movimento verticale dalla nube temporalesca verso il suolo, al cui impatto si verifica una tumultuosa apertura a ventaglio che causa raffiche burrascose accompagnate da intensi rovesci; in questo caso l’aria nei bassi strati è piuttosto umida, mentre se è secca si può avere il cosiddetto dry-downburst ovvero downburst secco con effetti simili ma senza precipitazioni.
Durante il fenomeno la pressione atmosferica sale poichè aumenta il peso della colonna d’aria a causa di questo “scoppio” (burst) verso il terreno unito alla minor temperatura del flusso d’aria in rapida discesa che porta con sè aria fresca dalle quote più alte oltre alla notevole quantità di moto acquisita negli strati medi atmosferici.
Nell’evento del 19 Novembre 2013 molte stazioni meteo di monitoraggio della zona registrarono un relativo aumento di pressione durante il fenomeno, al contrario della stazione gallipolina che ebbe solo un trend alla diminuzione, motivo per cui si ritiene che si abbia avuto a che fare con due fenomeni diversi (anche se “distruttivi” quasi allo stesso modo).
Questi aumenti di pressione furono comunque temporanei e circoscritti al fenomeno, ed una volta dissipato il trend dei valori pressori riprese ad essere in linea con la situazione sinottica di quel giorno, che viene rappresentata dalle seguenti mappe di reanalisi:
Questa è la classica situazione autunnale che può portare il maltempo più severo sul Salento e zone ioniche in genere, con un minimo depressionario sull’Italia occidentale chiuso quasi “a sandwich” da due anticicloni di blocco posizionati in atlantico e sull’est europeo, con quest’ultimo in particolare che ne rallenta il naturale moto verso est favorendo fenomeni intensi e persistenti sulle medesime aree. ■
a cura di Stefano Salamanna